Francia, Spagna ed Egitto sul podio, come da pronostici della vigilia, buoni piazzamenti per Turchia e Tunisia, sesto posto, infine per l’Italia di Ghedin, frutto di sei sconfitte e tre vittorie con le formazioni che l’hanno seguita in classifica: Algeria, Montenegro e la cenerentola Cipro. Bilancio in chiaroscuro per la rappresentativa azzurra, non male come altre volte nel recentissimo passato, non bene come forse si sperava.
Il progetto Rappresentative di Area che ha costituito la novità della preparazione in vista di questo appuntamento da rivedere ma assolutamente da non accantonare. In sede di commento finale, non potendo interloquire direttamente con il responsabile tecnico della spedizione azzurra, proviamo a ricostruire valutazioni tecniche ed umori dalle dichiarazioni ufficiali rilasciate dopo le partite e riportate nei servizi del sito federale.
Dopo la tranquilla vittoria contro Cipro, due match molto difficili con Egitto e Spagna, punteggi pesanti che il tecnico ha analizzato con equilibrio ponendo l’accento sugli errori al tiro e sull’esperienza del gruppo. Il refrain si ripete con la Tunisia e poi dopo la partita con la Turchia, forse il punto più basso della settimana azzurra, esperienza, maturità, gestione della gara, capacità di adattamento e risposta a situazioni tattiche diverse, queste le lacune che di volta in volta il tecnico azzurra ha evidenziato. Una reazione di carattere ha permesso di battere una modesta Algeria, mezzo punto incoraggiante contro una Francia nettamente superiore e poi la sfida decisiva contro il Montenegro per evitare l’ultima finale, missione compiuta se pur tra alti e bassi, prima dell’ultimo incontro, di nuovo con la Tunisia e nuovo stop anche se con uno scarto contenuto.
La sintesi di tutto questo è che la nostra rappresentativa ha giocato, lottato, è caduta, si è parzialmente rialzata, ma ha mostrato con chiarezza inequivocabili limiti di preparazione alla gara che il tecnico ha imputato all’esperienza. Ma la domanda che vorremmo fare a Ghedin è questa: come mai e come ovviare ad un gap così importante di esperienza rilevato in una competizione di pari età?
Probabilmente questo è il punto di caduta, l’organizzazione dell’attività promozionale e giovanile dai 10 a 16 anni, perché se una squadra di diciassettenni nel confronto con pari età di altre nazioni soffre per inesperienza e minore capacità di tenere il campo e di affrontare le situazioni di gioco, allora significa che il problema non è la preparazione specifica dell’evento, che questa volta è stata fatta mettendo in campo un programma articolato di attività ed evidentemente anche qualche risorsa economica, ma la preparazione di base, quella che si matura nell’arco dell’intero percorso giovanile, per l’appunto tra i 10 e i 14/15 anni, nei campionati giovanili.
Problema di organizzazione dell’attività di base e di preparazione dei tecnici, problema grave che va affrontato con la consapevolezza che la sua risoluzione richiederà tempo, competenza ed impegno. Ben venga il progetto Rappresentative e soprattutto il lavoro in continuità che lo stesso gruppo tecnico sta facendo sul biennio successivo (2000/01), ma se non si mette mano all’organizzazione giovanile di base probabilmente non si riuscirà a colmare la distanza né ora, né nel prossimo futuro. Ripetiamo, sul punto avremmo preferito ragionare direttamente, a microfono aperto, con il tecnico azzurro, magari per capire come si intende muoversi, ma la cosa non sembra possibile e quindi ci accontentiamo di questa analisi indiretta.