Un atleta con la memoria: Vuk Milosevic

Vuk Milosevic
Vuk Milosevic

Mi spingo svogliato all’ennesima partita, sono venuto perchè ho deciso di andare fino in fondo nel capire quanto siamo distanti io e questo sport. Ho interessi molteplici e una vita bene organizzata, amo il mio lavoro e vivo per quasi tutto il tempo per la mia famiglia. Ho lasciato i campi di livello quando la Nazionale era tra le 18 nazioni al Mondo e da allora poche novità e poche eccezioni hanno risvegliato la voglia e la gioia di guardare uno sport tra i più belli e tra i più seguiti: la Pallamano.

Ci offriamo anno per anno continue diminuzioni di interesse e sempre meno valori in campo. Con queste premesse mi presento al palazzetto. Avevo sentore di un nome che rievocava il mio passato, quello che contava, quello che dava i natali a giocatori inavvicinabili per bravura e classe, per le loro leggende e per le loro stravaganze, un nome che fa ancora effetto ora: Milosevic. In questo caso si tratta di un ragazzo che ho apprezzato distrattamente un anno fa quando giocava a Teramo e che divenne poi capocannoniere della serie A. Un nome una sicurezza? Forse!

Tanti ne ho visti e tanti ho declassato ad ombre di giocatori inutili per capacità ma soprattutto inutili per far crescere il nostro movimento. Il palazzetto è pieno e i tamburi rombanti, le squadre in campo e il mio “campione” è li. La partita inizia e al primo passaggio ho come un sussulto. Altro passaggio altro sussulto. Non capisco il motivo ma incredulo aumento l’attenzione. Eccolo di nuovo: passaggio a lui, finta di tiro (giriamo il capo come per vedere la palla in goal), con stupore la palla è ancora nella sua mano solida e rotea per scendere dal cielo attaccato ad un fisico prestante che assorbe nello stesso momento un colpo terribile, di quelli che se non sei allenato ti butta giù o almeno ti rallenta.

In piedi! È ancora in piedi, calmo e saggio di dove porre i passi, si libera e tira un fendente micidiale nell’angolo a sua scelta. Impressionante! Potenza e determinazione, classe e nostalgica arte di attrarre, sa invogliare e imboccare e aiutare e difendere i suoi compagni e le sue posizioni. Non ho dubbi stasera c’è la prova di quanto da anni chiarisco e spiego nei miei seminari tra i miei amici con tutti gli appassionati. Lui mi da l’anello mancante tra ciò che è stato e ciò che è. Ha solo 26 anni ma ha una carriera già formidabile, Montenegro, Spagna, Qatar, Italia.

Una scuola di pallamano che ti fa amare questo sport, ne rende uno degli sport più belli e stimola i nostri atleti ad essere migliori di altri. Il suo nome è Vuk, Vuk Milosevic e rappresenta il meglio del “vecchio”, tradizione e mentalità. Il nuovo che arriva e genera follie di fans per la sua educazione antica. La sua discendenza annovera uno dei giocatori più rappresentativi della pallamano serba ed internazionale Peru Milosevic padre di Vuk. Scendo presto dagli spalti e mi avvicino al mio “campione”, occhi chiari e viso aperto.

Rimane in ascolto ad ogni cosa che dico, anche se probabilmente emozionato, mi faccio capire poco. Ma da grande giocatore crea empatia alle mie domande, candidamente mi da la sua ricetta per la pallamano, uguale per ogni paese dove ha giocato: lavorare con i “giovani allenatori” che creino giovani atleti e interagendo, se possibile, con due o tre giocatori di livello internazionale per ogni squadra.

Una ricetta che, dopo gli ultimi risultati di quella Nazionale e di quella serie di giocatori a cui tutti siamo legati, abbiamo smesso di attuare. Sono estasiato e ho ritrovato il mio desiderio di stare e vedere e seguire il mio sport. So che ancora posso aiutare a creare un ponte tra il passato e le future generazioni a cui dedico il nome di Vuk Milosevic. Una vivente memoria contemporanea.

di Max Dovere