Il tempo degli alibi è clamorosamente scaduto. Parlano i risultati e questi bocciano, senza appello, la conduzione tecnica della Nazionale Azzurra. Sfumato anche l’obiettivo del passaggio al secondo delle qualificazioni ai Mondiali del 2015, si impone un’ attenta e ferma analisi di quello che è stato il percorso dell’Italia nelle ultime stagioni.
Vale a ben poco il discorso del ranking, la solita storia relativa al valore delle avversarie, anche perchè – se questi sono i principi e i criteri – non troverebbe giustificazioni lo sforzo economico prodotto dalla Federazione proprio al fine di ridurre il gap che divide l’Italia dal resto d’Europa…
Dunque, come la dura legge dello sport impone, è il caso di comportarsi di conseguenza, di valutare i risultati e di far parlare solo e soltanto questi come avviene in tutti gli sport, in tutte le Federazioni, in Italia e nel resto del Mondo. E se l’avventura del croato Hrupec è già al capolinea, per scadenza “naturale”, si può tranquillamente dire che è altrove che occorre individuare responsabili e responsabilità.
Buon senso e raffinato senso di appartenenza imporrebbero a Marco Trespidi, da anni “deus ex machina” del settore femminile, di consegnare nelle mani del presidente Purromuto una lettera di chiare e irrevocabili dimissioni dall’incarico retto in questi anni. Sarebbe un gesto nobile oltre che dovuto, dettato proprio dall’assenza di risultati conseguiti.
Negli ultimi anni, la Nazionale Azzurra, “spinta” anche dal dispendioso progetto Futura, avrebbe dovuto segnare un importante progresso nella scala dei valori internazionali, avrebbe dovuto portare a casa risultati (vittorie ndr) di ben altra caratura e quale occasione migliore di “strappare”, almeno, un passaggio al secondo turno delle qualificazioni ai Mondiali, occasione più unica che rara, visto che l’urna ci aveva assegnato una Macedonia in ristrutturazione e un’Islanda che, forma a parte, non era certamente avversario insuperabile quale si è poi si è rivelato ma solo perchè l’Italia non è stata all’altezza. Ed è questo il punto.
L’Italia non è stata all’altezza di squadre di medio valore in passato, pur centrando di tanto in tanto qualche qualificazione – l’ultima nel 2008 con Ivaci in panchina (eliminazione patita ad opera dall’Austria) – quando, però, gli investimenti erano nella norma, e non è all’altezza oggi – anzi si è persa anche qualche posizione – nonostante un notevole dispendio di risorse finanziarie.
E allora? E allora ci sono solo due risposte all’interrogativo banale e scontato: o l’investimento prodotto sul settore femminile non è servito a niente o non è all’altezza del compito la persona deputata allo sviluppo. Nell’uno e nell’altro caso urgono provvedimenti/decisioni non più differibili.