Cropanise: “Settore arbitrale fermo da 20 anni”

La Pallamano è uno sport, e come tale vive di passione. Quel sentimento che spinge chi la ama a praticarlo senza sosta, senza sentire la stanchezza, senza farsi abbattere dalle difficoltà. Emozioni che provano e vivono sia i giocatori che gli arbitri, due rami dello stesso albero. E’ il caso di Giovanni Cropanise, ex arbitro continentale, che si è reso disponibile alla nostra redazione per commentare la situazione attuale del settore arbitrale italiano. Ma prima di ciò ripercorriamo la sua carriera, anche per sottolineare la grande conoscenza del settore e l’esperienza maturata negli anni, proprio attraverso le sue parole: “Tutto è nato quasi per caso, nel 1989, per via di quella grande passione che spingeva, e spinge, sia me che il mio compagno ed amico storico Mauro Mondin. Insieme siamo cresciuti, accumulato esperienza e fatti tanti sacrifici, specialmente in ambito regionale. Cinque anni di CAR e cinque di CAI, poi CAN B, CAN A e per finire l’Elite. Nel 2007, poi, con grande orgoglio, siamo diventati entrambi arbitri EHF: è stata una grande soddisfazione riuscire ad arrivare lì dove ci eravamo prefissati nel corso degli anni. Nel 2012, poi, sia io che Mauro Mondin siamo stati costretti a dare la disdetta perchè non c’era più la possibilità di continuare l’attività: impegni di carattere professionale e personale hanno imposto alle nostre vite altre priorità”. Successivamente Giovanni Cropanise ha analizzato l’attuale stato del settore arbitrale italiano: “Sostanzialmente è fermo da vent’anni. Il tutto è basato sui sacrifici che le “singole” coppie riescono a portare avanti, non c’è programmazione né un efficiente contatto tra le parti. Il tutto è fin troppo slegato in quanto manca un vero e proprio riferimento, qualcuno che gestisca il sistema. La vicenda legata al mancato raduno di inizio anno per me è qualcosa di gravissimo. E’ la tappa più importante dell’anno perchè gli arbitri devono poter riporre fiducia ed essere spronati per portare avanti l’intera stagione, è fondamentale dare degli obiettivi e, soprattutto, stimoli”. La formazione degli arbitri è un tassello su cui Cropanise punta il dito, con fermezza: “Sono un fautore della formazione. Bisognerebbe riorganizzare tutto, con serietà e dare delle regole ben precise. Ci dovrebbero essere più raduni durante l’anno con un coinvolgimento ed una presenza maggiore di chi deve formarli. Far crescere coppie giovani e specialmente femminili, di cui l’Italia è carente. E’ importante che i “tecnici” siano persone con una grande bagaglio d’esperienza quantomeno nazionale, se internazionale ancora meglio. C’è quasi una sorta di confusione e disomogeneità: la stessa situazione di gioco viene interpretata in maniera diversa dalle coppie arbitrali, invece alcune circostanze dovrebbero avere una sola e unica interpretazione. Questo avviene perchè mancano quelle direttive necessarie per un’armonia generale tra le varie coppie arbitrali. Ripeto, tutto troppo slegato”. Per accentuare la situazione, non proprio rosea, del settore arbitrale italiano arriva pronta anche le differenze con l’ambito europeo: “E’ tutta un’altra storia. Il contesto arbitrale dev’essere fatto di regole e condivisioni tra le parti, più si è rigidi e ferrei e più le cose funzionano come dovrebbero. Se tralasciamo la maggior possibilità di risorse, e di conseguenza la maggior facilità nell’organizzare, bisognerebbe evidenziare la diversa gestione soprattutto degli incontri: autentici briefing elaborati, una formazione seria e standardizzata coadiuvata da un servizio Web efficientissimo e semplice da consultare per tutti. C’è massimo rispetto perchè nel 90% dei casi sono ex arbitri che trasmettono la loro esperienza sia umana che professionale”. Uno sguardo ad un’eventuale futuro? “Ci sarebbe tanto ancora da dire ma per ora mi limito a suggerire un’idea. Innanzitutto sarebbe molto utile una graduatoria, con delle fasce, per stabilire le coppie arbitrali più esperte e con il più alto tasso di rendimento: in questo modo si sfaterebbe l’antipatico mito delle designazioni pilotate ed eviterebbe fraintendimenti tra le società ed il settore arbitrale, darebbe più fiducia. Chiudo dicendo che non è un caso che il settore non viva un buon momento e che ci siano pochi arbitri, la formazione ha tante lacune e comporta notevoli svantaggi anche dal punto di vista psicologico: un arbitro senza stimoli si deconcentra ed il suo rendimento cala per forza di cose, così come la sua voglia di continuare”. Un messaggio chiaro e forte: qualcuno starà a sentire?