Un’ora e mezza di volo o poco più, senza turbolenze, il tempo di leggere la Gazzetta, questa è la distanza che separa l’Italia da Budapest, la capitale danubiana per eccellenza ma anche la città simbolo della pallamano femminile. Siamo alla Papp Arena, per la terza volta in dodici mesi, si disputa la seconda delle tre Final4 di Champions League assegnate dalla EHF alla città ungherese. L’atmosfera è tesa tra gli addetti ai lavori, l’assenza dalla competizione delle ungheresi del Gyori, campionesse uscenti, fa temere per l’affluenza, troppo forte il colpo d’occhio della prima edizione, bissato dai matches finali di Euro 2014 lo scorso dicembre.
Si inizia in sordina con le tribune ancora semivuote durante la prima semifinale tra le norvegesi del Larvik e le russe della Dinamo Sinara, partita a senso unico con il fenomeno tascabile Nora Mork che lascia la scena alla veterana Koren-Riegelhluth e la statuaria Gro Hammerseng-Edin che lancia a rete con continuità la compagna di vita e parquet Anja Hammerseng-Edin, dall’altra parte la giovanissima emergente Dmitrieva tenta un’opposizione che dura solo un tempo e poco più. Il tempo di osservare con sollievo, da parte degli organizzatori, l’arrivo dei tifosi rossoneri del Vardar, seguiti da quelli del Buducnost, ancora più numerosi, chiassosi, giunti in massa a Budapest per lanciare le rispettive beniamine verso una finale sognata tutto l’anno. Derby balcanico, duro, equilibrato nei pronostici come quello dello scorso anno vinto al primo extra time (22-20) dalle montenegrine con grandi rimpianti e rimorsi dell’allenatrice macedone Kastratovic. Ma un anno passa in fretta e stavolta la partita non lascia dubbi, il Buducnost è più forte, a nulla è valso il un supporto tecnico del danese Jan Pytlick, feroce e determinata la squadra di Podgorica ha dominato dall’inizio alla fine rendendo vana la resistenza del duo Lekic-Penezic. Woltering in porta e Neagu in avanti scavano il solco, la difesa lo rende insuperabile. Si chiude il sipario sulla prima giornata quando Budapest è già immersa nel caos del sabato sera.
Domenica mattina dedicata alla Terza Assemblea Generale del Women Forum Club Handball, 24 Club provenienti da 16 nazioni si riuniscono alla presenza del presidente della EHF Jean Brihault per discutere di sviluppo commerciale e nuova configurazione delle competizioni continentali. C’è anche una rappresentanza italiana, la Jomi Salerno, a dimostrare che davvero l’Europa non è così lontana come appare nei nostri palazzetti.
Ma torniamo alla competizione. Seconda giornata, quella delle finali e la Papp Arena non tradisce, piena e ribollente di tifo, entusiasmo, luci ed effetti speciali.
Vardar terzo come lo scorso anno, Dinamo costretta alla resa dopo un testa a testa durato 55 minuti ed un rosso diretto alla Akopian apparso ai più eccessivo. Ma ora finalmente spazio alla finale per aggiudicarsi il nuovo trofeo che la EHF ha fatto realizzare per l’occasione. Pronti via e la squadra di Adzic martella con allarmante continuità e determinazione nonostante Neagu faccia temere tutti per una caviglia che si pianta al primo appoggio. Difesa da romanzo criminale quella messa in scena dal tecnico montenegrino e guidata in campo da una super Clara Woltering (premiata alla fine come MVP), attacco implacabile da tutte le posizioni, dalla distanza in particolare con Bulatovic (7 reti alla fine) e Neagu (rientrata dopo un breve pit stop), lanciate a turno da Knezevic e Bryzda, supportate da una immancabile Cvijic e dalle imprendibili ali Petrovic e Mehmedovic, bravissima con 6 reti finali ed una prestazione da incorniciare. Sul fronte opposto poco Larvik, annichilito dalla partenza delle avversarie con la sola Mork contro tutte. Ripresa più equilibrata dopo una iniziale sgasata del Buducnost, qualche tentativo di recupero soprattutto nel finale, ma nave portata in porto dal condottiero Adzic, al quale vanno i complimenti di tutti perché raramente capita di vedere un gruppo così compatto, agguerrito, organizzato e sicuro in ogni situazione tattica che la partita propone.
Al fischio finale, come sempre, lacrime e gioia, ma soprattutto una festa di luci ed effetti speciali, dal soffitto viene calato il nuovo trofeo e la festa impazza. Le parole del presidente Brihault fotografano perfettamente la scena quando dice felice che abbiamo creato un evento di levatura internazionale assoluta. L’Arena si svuota lentamente, la serata a Budapest è fresca e piacevole, domattina si torna in Italia e … Arrivederci pallamano.