Emilia Romagna: esercizi di potere

Partono i campionati regionali con circa un mese di ritardo sulla tabella ufficiale, causa proroghe più o meno giustificate. Sicuramente non giustificato lo slittamento in Emilia Romagna, regione solida e in espansione, almeno nel settore maschile, dove una proficua e costante opera di programmazione, aveva consentito di avere lì, pronti sul tavolo, i calendari già a metà settembre. Ma l’accentramento dei poteri locali in sede nazionale ha imposto che l’Emilia Romagna  dovesse adeguarsi alle esigenze delle altre regioni dell’Area Centro e, quindi, niente da fare, tutto rinviato di un mese. Mese che ha permesso ai laboriosi emiliani (e romagnoli) di approfondire ulteriormente qualche tema non da poco per il Nostro Movimento, in primo luogo come poter trovare una possibilità di miglioramento tecnico fornendo alle varie squadre la possibilità di confrontarsi alla pari e, di conseguenza, poter evitare risultati mortificanti e avvilenti che non avrebbero premiato né i vincitori, né gli sconfitti. In altre parole, loro se lo potevano permettere, introdurre uno schema di fasce e livelli che normalmente è in uso laddove c’è un numero di partecipanti sufficientemente ampio e chiaramente di livello differenziato. La soluzione trovata, mediata e condivisa da tutte le società interessate, nonché (pare) avallata e sottoscritta dal delegato regionale (che è anche vice presidente federale), era semplice e intuitiva: una prima fase (di sola andata) per definire le griglie di merito, alla quale doveva seguire una seconda fase in cui le squadre più forti avrebbero gareggiato tra loro così come le più deboli, dando vita a tornei equilibrati e sicuramente più interessanti. L’esperienza passata aveva suggerito questa soluzione, che avrebbe evitato il ripetersi di risultanti ampi e mortificanti per tutto l’arco della stagione, cercando nel contempo di allungare anche i tempi di svolgimento dei campionati, già penalizzati dalla proroga di cui sopra e ridotti a soli sei mesi di attività effettiva, mentre i nostri competitori, in Italia (pallavolo e pallacanestro) e all’estero (altri Paesi) giocano almeno 9 se non 10 mesi.
Una libera discussione per ricercare soluzioni condivise e finalizzate a migliorare lo stato delle cose, il tutto rimanendo nel solco tracciato da regolamenti e norme generali, tutto qui. Un modello di svolgimento dei campionati giovanili alternativo a quello consueto basato sulla modalità di andata e ritorno, più aderente alle necessità tecniche ed organizzative emerse in ambito regionale e per nulla in contrasto con le direttive statuite nel Vademecum federale.
Ci sono stati mesi di incontri, dove tutte le società dell’Emilia Romagna si sono confrontate apertamente portando ciascuna il proprio contributo alla modalità organizzativa che alla fine ha trovato il consenso partecipato e consapevole di tutti.
Nessuna pretesa di avere inventato il modello perfetto, anzi, le società emiliano-romagnole erano consapevoli delle difficoltà alle quali sarebbero andate incontro assumendosi l’onere di sperimentare un modello alternativo nella speranza di vivificare e fortificare sia lo spirito sportivo che la crescita tecnica di tutte le squadre partecipanti, sia quelle più forti, sia quelle più deboli.
In ogni caso, si trattava di una scelta mediata, frutto di accomodamenti fra posizioni diversificate e condivisa da tutti coloro che avevano speso del loro tempo e del loro impegno per portare il proprio contributo.
La mancata ratifica di tale proposta da parte della Federazione lascia davvero perplessi e mortifica questo sforzo di programmazione, lanciando, nel contempo, un chiaro messaggio di immobilismo quando si dice, da parte della Federazione, che la mancata ratifica è motivata dal principio dell’equilibrio sportivo sancito per consolidata prassi dalla formula dell’andata e ritorno.”. Bastasse questo per crescere e stare al passo con chi ci ha ormai superato, anzi doppiato, da anni.
Magari questo “equilibrio sportivo” esiste nelle tante occasioni (registrate dai risultati riportati sui referti di gara) dove molte partite dei campionati giovanili terminano con dei punteggi tipo 54/6 o 60/5, a testimonianza di una distanza tecnica che può essere superata solo con un sistema in grado di dare risposte diversificate. In Francia lo fanno, tranquillamente, per loro è normale, così come purtroppo è diventato normale dare 20/25 gol di scarto ogni volta che incontrano una squadra italiana, a tutti i livelli, in tutte le categorie.
C’è stata lunga discussione fra le società sulle modalità possibili per armonizzare questa esigenza di “equilibrio sportivo”.
Esigenza che veniva espressa non solo dalle società più avanti tecnicamente, ma anche da quelle più piccole, neonate o comunque in posizione di inferiorità tecnica, tutte chiedevano una crescita graduale e tecnicamente sostenibile tramite confronti sportivi più equilibrati. L’intenzione era quella di privilegiare la crescita tecnica di tutti e di fornire stimoli competitivi adeguati per tutto l’arco della stagione. La risposta degli organismi federali intervenuti per modificare la formula dei campionati, non ha tenuto conto delle finalità perseguite, né dello sforzo progettuale delle società, dimostrando ancora una volta la distanza dai Territori e dai Club, cioè dalle effettive esigenze di chi opera quotidianamente nelle palestre e permette alla pallamano di sopravvivere, nonostante tutto. Miopia pura e semplice.
La formula prescelta prevedeva un girone di sola andata (prima della ridefinizione dei livelli), sia per limitare al minimo il periodo di “sofferenza” determinato dallo sbilanciamento tecnico, ma anche perché i tempi erano ristretti.
Il fatto che facendo un girone di sola andata si potesse creare un vulnus di equità sportiva a causa delle partite casalinghe e in trasferta, era noto e risaputo, quindi veniva affrontato in modo consapevole, coscienti che comunque le squadre più forti si sarebbero poi riunite in una sorta di campionato di eccellenza e quelle più tecnicamente svantaggiate in un campionato meno performante e più sostenibile tecnicamente.
Tutto questo era scaturito già in alcune riunioni tenute negli scorsi mesi di aprile e maggio, proprio per evitare proroghe e tempi ristretti, ma non è valso a nulla, la consueta deroga per le iscrizioni ai campionati regionali è arrivata, nell’attesa (incomprensibile) di improbabili iscrizioni tardive.
Ma che dire, le società dell’Emilia Romagna, sconfortate ed avvilite, partiranno per i nuovi campionati nel prossimo week end dei Morti, un mese e mezzo dopo l’inizio delle scuole, un mese abbondante rispetto ai tempi “normali”, partiranno deluse per il tempo perso e per le risposte ottenute, frutto, purtroppo, di una diversa impostazione progettuale, una impostazione che divide e che non unisce, che si manifesta sotto forma di esercizi di potere basati su principi di sudditanza più che su modelli di democrazia.