La voragine della promozione

Limiti tecnici, scarsa esperienza di gioco, difficoltà a gestire le partite ed i momenti topici all’interno delle stesse, incapacità di sostenere a lungo ritmo ed intensità, queste sono alcune, le più ricorrenti, affermazioni dei tecnici che commentano le prestazioni delle proprie Squadre Nazionali, anche e soprattutto a livello giovanile. In poche parole, siamo indietro, maledettamente indietro rispetto agli altri, sia se ci cimentiamo nelle gare di qualificazione ad Europei e Mondiali, sia quando ci confrontiamo nell’ambito dell’Area mediterranea. La distanza si è allargata nell’ultimo decennio diventando quasi incolmabile nei confronti dei nostri storici avversari della vecchia Coppa Latina, rimanendo grande rispetto alle squadre balcaniche e diventando consistente anche rispetto a nord-africani, turchi e financo greci. I risultati delle ultime edizioni maschili e femminili dell’MHC sono impietosi nonostante, soprattutto nel settore maschile, qualcosa di nuovo e più strutturato si sia iniziato a fare, nell’ultimo anno, con le Rappresentative di Area. Ma evidentemente il problema viene da lontano e poi non serve a niente spendere centinaia di migliaia di euro per fantastici progetti “in conservativa”, che non aggrediscono il vero problema, la voragine dell’attività di base.

Le cause sono più profonde, non riguardano solo i programmi di avvicinamento e preparazione delle singole manifestazioni, perché, evidentemente, il solco è già stato scavato, profondo, negli anni precedenti. Una vera e propria voragine. La differenza comincia a formarsi da subito, dalla più tenera età, dalle categorie promozionali, dalla pallamano mista, dalle scuole elementari: si inizia tardi, si saltano passaggi fondamentali, si gioca poco e male, si rimane indietro in partenza e poi non è più possibile colmare il distacco rispetto alle altre nazioni.

La promozione e l’avviamento sono le due fasi fondamentali sulle quali si basa tutto il percorso futuro. Promozione significa avvicinare allo sport, renderlo visibile, certo, ma soprattutto fare in modo che sia fruibile con facilità da un numero sempre maggiore di bambine e bambini, in età giusta, tra gli otto e i nove anni al massimo. L’avviamento riguarda la prima fase di formazione sportiva specifica, inizia subito e si protrae per qualche anno, due, tre, quattro anni, fino a quando si abbandona la dimensione ludico-motoria del gioco-sport e si inizia la formazione delle prime squadre complete, differenziate per sesso, intorno ai dodici, tredici, anni di età.

Questi due momenti, delicati e decisivi, sono assolutamente insufficienti in Italia, in molte zone totalmente inesistenti, in generale lasciati alla iniziativa non coordinata e non supportata delle associazioni sportive, le quali per fortuna cercano di organizzarsi da sole, tessendo rapporti sempre difficili con le istituzioni scolastiche, senza alcun sostegno, non solo di natura finanziaria, ma nemmeno tecnico-organizzativa. Abbiamo accennato a più riprese del Progetto Scuola della Federazione, non ci soffermiamo perché dovrebbe essere proprio la Federazione, attraverso gli organi competenti per la promozione e per i rapporti con la scuola, a ragguagliarci sui contenuti e sui risultati di questo progetto. Abbiamo anche parlato dei campionati promozionali, inesistenti quasi dappertutto, dell’attività mista, maschietti e femminucce insieme, come primo e fondamentale momento di crescita motoria e tecnica, ma anche su questo fronte pare che tutto taccia. Di questo passo sarà impossibile invertire la tendenza anche nel medio e lungo periodo, anzi le distanze si allargheranno, inesorabilmente. Promozione zero, diffusione zero, crescita tecnica zero, quindi risultati zero. Zero assoluto. Visione pessimistica? No affatto, analisi realistica. Bisogna invertire il trend, subito: cambiare radicalmente l’approccio, ideare progetti semplici e di immediata attuazione, modificare le regole che ingessano il movimento, cambiare le persone.

Ben vengano allora le iniziative “private” che abbiamo presentato, l’intervento degli enti di promozione sportiva, i campionati con formule light, le manifestazioni aperte a tutti, ma non basta. Serve che la struttura federale inizi a farsi carico del problema e supporti il movimento di base, a partire da dove c’è attività ed attivismo, entri in contatto con le società e le associazioni sportive, ascolti, si confronti, programmi interventi basati sull’agevolazione organizzativa e finanziaria, supporti i progetti validi, produca essa stessa nuova progettualità, faccia formazione, superando la sterile politica del controllo per incamminarsi finalmente sulla strada del merito.