Mouncey, l’atleta transgender esclusa di squadra: «L’Australia mi discrimina»

Le disavventure di Hanna Mouncey, 30 anni, giocatrice di pallamano, dimostrano come le strade dello sport agonistico per gli atleti transessuali siano difficili da percorrere anche quando la legge — come succede in Australia, patria di Hannah — supporta totalmente diritti e prerogative chi decide di cambiare sesso e l’atleta si adegua alle rigorose norme sportive in materia. Fino al 2013 Hanna si chiamava Calloum, era maschio e vantava il titolo di capocannoniere dei canguri nei grandi tornei internazionali di handball. Dall’alto del suo metro e 90 e con la forza di oltre 100 chili di peso, Calloum sfondava con facilità le difese avversarie sia nel team nazionale che nel Melbourne, la squadra di club della sua città. Nel 2015, però Mouncey decide di interrompere la preparazione per Giochi olimpici di Rio, avviare la terapia ormonale e le pratiche per il cambiamento di sesso che viene certificato all’anagrafe nel maggio dell’anno successivo. Diventata Hannah, la Mouncey rispetta il termine di 12 mesi dalla transizione per tornare a gareggiare (come stabilito dal Cio) e mantiene stabilmente la sua soglia di testosterone nel sangue sotto le 10 nmoli/litro, come richiesto dalle regole federali sia agli atleti transex che agli intersex.

«L’effetto del testosterone sul mio corpo è stato indiscutibilmente potente — spiega l’atleta — da quando sono donna mi sento meno resistente e meno forte di gambe e ho perso molto in rapidità rispetto a quando ero un uomo». Accettata dalle compagne di club nel Melbourne, la Mouncey trova invece musi lunghi e qualche resistenza in Nazionale, dove viene convocata per la prima volta nel 2018 quando gioca sei partite segnando 23 gol e contribuendo alla qualificazione della rappresentativa aussie per i Mondiali, in corso di svolgimento in Giappone.

Per la rassegna iridata — a sorpresa — la sua convocazione però non è arrivata. «Il motivo è semplice — spiega la Mouncey — le mie compagne mi hanno respinto, non volevano che usassi le loro docce, non mi volevano in spogliatoio con loro e hanno ottenuto la mia esclusione. La selezionatrice ha detto di non avermi chiamato perché non ero in forma, sapendo benissimo che la ragione non era quella: avevo superato tutti i test fisici. E pensare che, d’accordo con lei, lo scorso agosto in un torneo amichevole non ho giocato per evitare proteste da parte delle altre squadre proprio in vista del Mondiale».

La Federazione australiana risponde con un certo imbarazzo: «I motivi della sua esclusione restano confidenziali ma tecnici — dice la segretaria federale Bronwyn Thompson — la questione spogliatoio non c’entra. A suo tempo scrivemmo ad Hannah per chiarire la questione ma lei non ha risposto e non ha nemmeno fatto ricorso contro la mancata selezione nei trenta giorni previsti dal regolamento». Possibilità di ricorso di cui l’atleta ignorava l’esistenza. Senza Moncey, il Mondiale delle australiane procede in modo rovinoso: 12-37 al debutto contro la Danimarca, 8-34 dalla Germania e 17-34 contro la Corea del Sud. (fonte Corriere della Sera)