Ranking flop: almeno ne parliamo

Come al solito i nodi vengono al pettine. Pare, infatti, che la pubblicazione dei Ranking per le coppe europee abbia in qualche modo turbato il mondo della pallamano nostrana, in particolare il settore maschile, che ha, con sorpresa (?), registrato il peggior posizionamento della storia, un trentesimo posto che poi analizzato nei dettagli diventa ancora più buio di quanto non lo sia a prima vista. Trentesimi dietro Cipro, che nel 2011/12 occupava la 36ma posizione a fronte della nostra 23ma, stesso anno in cui la Grecia era 26ma, mentre oggi, nel bel mezzo di una crisi economica nazionale dagli effetti epocali, si posiziona al 18mo posto. Tanti altri raffronti si potrebbero fare, qualcuno li ha fatti con dovizia di particolari, quindi nuove elaborazioni di dati ci sembrano superflue, ci si augura solo di non dover, in futuro, mai tirare in ballo i numeri di Kosovo, Moldavia o addirittura Malta.

L’analisi che proponiamo, invece, riguarda casa nostra e le scelte che Federazione e Club hanno fatto in questi ultimi anni. Il 2011/12, primo anno di calcolo dell’attuale sciagurato Ranking, è stato anche l’ultimo del Campionato a girone unico, all’epoca si chiamava pomposamente Elitè, poi la svolta della formula a tre gironi e la frittata è stata servita su un vassoio di plastica. Da tre anni la pallamano maschile italiana convive placidamente con una formula singolare, unica se raffrontata a tutte le nazioni europee ed a tutti gli sport di squadra nazionali (pallapugno e pallatamburello compresi), una formula al ribasso dettata, si disse, dall’esigenza di consentire la prosecuzione dell’attività a molte società che altrimenti sarebbero scomparse, come se giocare in A2 o in serie B rappresentasse di per se una cosa ignobile e disdicevole, dalla necessità di contrarre i costi per le trasferte e dalla trita e ritrita retorica sui settori giovanile, i giovani italiani e lo spazio loro negato da stranieri e naturalizzati. Delle tre motivazioni sopra riportate, solo la seconda si è concretizzata, laddove la formula “regionale” adottata oggettivamente abbatte il peso economico della voce trasferte nei bilanci delle società. Per gli altri due punti il quadro è rimasto immutato, se non peggiorato.

Delle 31 società partite nel 2012/13 (primo anno della nuova formula) oggi ne sono rimaste 20, quindi la motivazione della tenuta del movimento è fallita, dal momento che un terzo del gruppo è tornato nelle retrovie ed alcune società sono addirittura scomparse (Farmigea, Intini Noci, Teramo e Sassari). Oggi, al terzo anno, il gruppo si è attestato su 27 partecipanti (tre gironi da nove) e tra le new entry il solo Albatro Siracusa ha conseguito sul campo la qualificazione alla seconda fase, le altre lottano tutte per non retrocedere in un campionato di A2 che si sviluppa su 5 gironi, di cui due da 8 squadre, uno da 7 (regionale riservato alla Sicilia), uno da 6 e uno da 5. Per un totale di 34 squadre. In questo contesto, se analizziamo le rose ed i tabellini delle squadre, lo spazio per i giovani non è certamente aumentato, è diminuito l’utilizzo (da regolamento) degli stranieri che spesso sono stati rimpiazzati da nuovi naturalizzati, in special modo sudamericani con doppio passaporto e da giocatori italiani esperti, in là con gli anni, che approfittando di campionati poco impegnativi tecnicamente e logisticamente, hanno prolungato la propria attività o addirittura hanno ripreso a giocare.

In questi giorni il responsabile tecnico del progetto Aree, Fabrizio Ghedin, ha diramato le convocazioni per la Nazionale U18 che disputerà il prossimo MHC, tra i 18 convocati, 9 provengono da Club di serie A, solo 3 da società che disputeranno la Poule play off e comunque nessuno di quelli che teoricamente giocherebbe in seria A va in campo, ma al massimo saltuariamente in panca. Ci viene da concludere, ma di cosa stiamo parlando?

Questa è la realtà dei fatti, al di là di dati e tabelle più o meno elaborate, la formula della attuale serie A (comprensiva di A2) ha prodotto disastri su tutti i fronti, internazionale, interno e giovanile. Va cambiata con urgenza e senza esitazioni, tornando al girone unico nazionale (da 12/14 squadre) con una Seconda Divisione articolata su 4 gironi/Aree ed aperta a circa 50 Club. Inoltre l’abolizione della categoria giovanile (?) Under 20 e l’accorpamento – che di fatto c’è già nei campionati – con l’Under 18, dando magari vita ad una Under 19 più coerente anche con la conclusione dei cicli scolastici. Maggiore impulso (leggasi incentivi) sulla categoria di ingresso (Under 12) e sulle manifestazioni miste (under 10), oltre che certificazione (SUBITO) dei centri giovanili ai quali trasferire la responsabilità dei campionati zonali di base (arbitraggi compresi).

Per quanto riguarda la partecipazione alle coppe europee, quest’ultima va incentivata, non imposta attraverso sanzioni, con la previsione di contributi parametrati al merito (partecipazione e poi a salire in base al passaggio dei turni) in modo che chi si decide a spendere una quota del proprio budget per rappresentare la nostra pallamano all’estero, possa beneficiare di incentivi finanziari a parametri prestabiliti da scontare magari sulle tasse gara dovute per la partecipazione al campionato maggiore.

Per quanto riguarda le rose “vincolate”, trattasi di pura fantasia o peggio di acefalo scimmiottamento del calcio, che figuriamoci ha difficoltà a realizzare simili alchimie (giocatori locali A, locali B, giovani provenienti da settore giovanile, ecc.) pur avendo una base centinaia di volte più ampia, in termini numerici e qualitativi, della nostra pallamano. Quindi non vale la pena nemmeno sprecare inchiostro per simili sciocchezze.

Chi dovrebbe fare cosa? Il presidente federale si è espresso sull’argomento, auspicando il ritorno a formule diciamo “più adeguate e mature”, ma nel contempo ha rimandato abilmente la palla nel campo delle Società, dicendo chiaramente e giustamente, sta a voi garantire la tenuta del sistema, quindi se siete in numero adeguato ed affidabili, nulla osta. Le Società non hanno ancora risposto, almeno ufficialmente, la LIPAM che dovrebbe rappresentarle, almeno alcune, almeno le principali, o forse no, non si sa, non ha preso posizione, almeno ufficialmente, magari almeno sta lavorando sottotraccia, almeno lo speriamo, come almeno ci auguriamo che venga fuori al più presto con una proposta concreta, condivisa e sottoscritta, in modo da capire, finalmente, chi vuole cosa e chi invece chiacchera.