Fusina: Serve coraggio, ma l’inizio mi piace

Alessandro Fusina
Alessandro Fusina

Continuano le opinioni di HandballTime in merito alla Nazionale ed al match disputatosi ieri tra l’Italia e Israele. La parola quindi ad Alessandro Fusina, mister del Bozen.

HandballTime: Ieri primo test della nazionale contro Israele, avversario non irresistibile ma giusto in questa fase. HandballTime ha definito incoraggianti i primi riscontri del campo e semplice ed efficace l’impostazione del nuovo CT, cosa pensi in merito?
Alessandro Fusina: È ancora presto per giudicare ma spero che il nuovo CT sia coraggioso e capisca che questo può essere l’inizio di un cambiamento. Dovrà servirsi dei veterani della loro esperienza e tecnica, ma con una progettualità per i più giovani, e questo richiede coraggio. La semplicità d’impostazione mi piace, su quella si può costruire un’idea di gioco che si adatti alle nostre potenzialità e che dobbiamo assolutamente individuare al più presto. Da parte nostra, del Bolzano intendo, avrà la più totale collaborazione.

HandballTime: Come giudichi dal punto di vista tecnico la prova degli Azzurri e l’impostazione di gioco di Radojkovic?
Alessandro Fusina: Come dicevo mi è piaciuta la semplicità d’impostazione il gioco fluido con combinazioni semplici ma efficaci. È appena all’inizio, e non sarà facile, ma quest’inizio mi piace.

HandballTime: Mancavano i cosiddetti “stranieri”, come pensi potranno inserirsi in futuro?
Alessandro Fusina: Quella degli “stranieri” può essere un arma a doppio taglio, il loro apporto è fondamentale giocano in campionati con un livello superiore al nostro (Tokic-Skatar) e questo faciliterebbe la crescita tecnica del nostro gioco che, è inutile negarlo è in un momento di grande difficoltà. Però a mio parere è anche vero che loro non devono essere fine a se stessi ma servire per far crescere il movimento intero trasmettendo l’esperienze vissute in campionati con più alti livelli di gioco. Fino a quando non faremo questo siamo destinati ad essere straniero-dipendenti senza avere nulla dietro.

HandballTime: Ritieni utile provare in questa fase qualche nuovo “naturalizzato” e, se si, in quale posizione la nostra nazionale avrebbe più bisogno?
Alessandro Fusina: Il discorso dei naturalizzati si riaggancia alla risposta di prima: ben vengano, anche se dobbiamo fare in modo che siano funzionali a un progetto più ampio, a lunga scadenza. La nazionale di Lino Cervar era formata da un mix di italiani giovani e meno giovani e da 4 naturalizzati perfettamente integrati con l’azzurro della maglia italiana.

HandballTime: In conclusione, cosa ti è piaciuto di questo gruppo “sperimentale” e, di contro, su cosa ritieni che ci sia più da lavorare?
Alessandro Fusina: Mi è piaciuto il coraggio, il cambiamento, il tentativo di proporre qualcosa di innovativo che meglio si adatti alle nostre caratteristiche. Può e deve essere l’inizio, per ridare fiato e speranza a tutto il movimento. Quello che deve diventare importante è incominciare a lavorare sulle retrovie. Qualcosa si muove, mi piace l’idea di far lavorare i giovanissimi nel campionato di A2 per esempio. L’aggiornamento, lo studio incessante di nuovi percorsi, deve fare il resto. Concludo dicendo che la pallamano italiana ha bisogno di risollevarsi. Molti errori sono stati commessi e ora la fatica sarà doppia. Ma potremo farcela, se la federazione e le società lavoreranno insieme, individuando nuove idee e proseguendo incessantemente sulla strada dell’aggiornamento, con un lavoro capillare di tecnici sguinzagliati sul territorio, e il moltiplicarsi di occasioni di incontro e dis suprevisione degli atleti, magari sensibilizzando i tecnici su una impostazione comune. I campionati non bastano, sotto questo aspetto. Il percorso della nostra generazione, con i livelli mai più raggiunti in seguito da parte della nazionale azzurra, devono insegnarci qualcosa.